Cenni storici
Ovodda è un piccolo borgo situato nella parte meridionale della Barbagia di Ollolai.
É estremamente arduo parlare di una vera e propria storia del paese, anche perché è difficile individuare elementi caratterizzanti che siano propri del territorio in questione. Le conoscenze su Ovodda derivano da studi collaterali alle scienze umane svolti da ricercatori e studiosi nel corso di circa un trentennio: dallo studio della toponomastica, della flora e della fauna e da studi linguistici propriamente detti, si sono dedotte importanti informazioni che solo recentemente si è deciso di mettere a frutto.
Certamente si sa che il suo territorio fu abitato fin dall'epoca nuragica: lo testimoniano almeno otto nuraghi sparsi sul territorio, una decina di domus de janas, quattro siti di tombe dei giganti, diversi menhirs in località Perdas Fittas.
In età romana il territorio era abitato in località Domus Novas, un villaggio situato nella strada Caralibus-Ulbiam (Cagliari-Olbia). Probabilmente, quando i romani abbandonarono l'isola, esisteva ancora un nucleo abitativo di pastori in località Pituni (attuale Biduni) e un'altra unità in zona Magusa; entrambi i gruppi, per qualche motivo, abbandonarono all'improvviso quelli che oggi risultano essere i due rioni storici del paese e si trasferirono in zona Cortelai- Muntorroi, dove era più facile trovare le materie prime per costruire abitazioni e rifugi per gli animali. La popolazione ovoddese delle origini era sicuramente costituita da pastori. É la stessa radice etimologica del termine Ovodda a suggerirlo: nella lingua protosarda esistevano un tema *ov- ob, imparentato col latino ovis, che significa pecora. Il toponimo corrisponderebbe allora all' appellativo bòdda- vòdda, che significa anziana (Ovodda= pecora anziana- da macellare). Tale intenzione sarebbe avvalorata anche dalla presenza in territorio ovoddese di una via della transumanza in funzione ai tempi del re Ospitone: sa via oviante a sud ovest del paese (la via delle pecore). Il nucleo originario del paese si collocherebbe in quella che oggi è la zona di Lahunza (termine apparentabile a lahinza - che in ebraico vuol dire capra). In questa zona era più facile trovare il granito per le case e soprattutto era più semplice trasportare e consevare l'acqua grazie alla presenza del fiume che attraversava la zona: s'errivu de sapuna peddes. Tutta una sponda del fiume era sfruttata per irrigare i campi coltivati fino alla zona di su lettu de vidda.
Intorno al '500, Ovodda faceva sicuramente parte del regno di Ospitone, re di Barbagia; dal 1100 faceva parte del Giudicato d'Arborea (fino al 1410), sotto la curatoria Barbagia di Ollolai. Al periodo giudicale è riferibile il primo documento scritto sulla storia ovoddese, datato 23 Maggio 1473 e sottoscritto da Don Leonardo De Alagon, allora marchese di Oristano. Tale documento prevedeva la spartizione del territorio della villa di Oleri (distrutta dalla peste tra il 1398 e il 1401), tra gli abitanti del paese di Ovodda e quelli del paese di Gavoi. Dal 1604 il territorio della Barbagia di Ollolai fece parte del Ducato di Mandas, (feudo dei Maza), fino al 1765, anno in cui passò ai Tellet-Giron.
Fino al 1880 Ovodda non ebbe un asse viario che la mettesse in comunicazione con gli altri centri della zona; chi si spostava dal paese lo faceva per motivi legati alla pastorizia e praticava le strade della transumanza. In occasione di questi spostamenti si effettuava anche il baratto.
Nel 1832, l'editto delle chiudende, decretato dal regno sabaudo scosse tutte le genti del nuorese e anche gli abitanti di Ovodda parteciparono alle sollevazioni contro l'editto.
Questo è più o meno il resoconto storico delle vicende ovoddesi. Tutto il resto non è praticamente documentabile, deriva dalla tradizione orale ed è connesso alla narrazione di leggende che tornano in maniera più o meno costante in tutta la provincia di Nuoro; una però desta molta curiosità, perché pare trovi corrispondenze concrete in ambito storico: si dice che gli ovoddesi siano un popolo di pagani che va fiero del dire di essere stato l'ultimo baluardo del cattolicesimo in Sardegna. Ciò sarebbe particolarmente evidente nelle resistenze alla religione che permangono nelle celebrazioni del Mercoledì delle Ceneri, il carnevale ovoddese. Negli archivi di Ollolai pare sia conservata una lettera scritta da papa Gregorio Magno a re Ospitone per esortarlo a far convertire le sue genti. In quegli anni il vescovo San Giorgio di Suelli compiva i viaggi di conversione in Barbagia e, da quello che le fonti attestano, sembra proprio che l'ultimo paese che visitò fu Ovodda. Al vescovo San Giorgio è infatti dedicata la chiesa in stile aragonese del paese.
Ringraziamo per aver contribuito alla realizzazione del sito con testi e materiale fotografico: Il Comune di Ovodda, il sindaco Cristina, Giorgio Curreli, Raffaele Cau, Gian Franca , Zio Tore Pilo, Giuseppe Cinelli, Vergilio Zedde, Paola Marongiu, Manuel Puddu, Gruppo Folk Oleri, Gruppo Folk Orohole e Tenore Yorghi Matteoli
Sabina & M.Luisa
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